M. Campitelli - Catalogo A due, a tre dimensioni, Sala Comunale Muggia (TS)-1994

A due, a tre dimensioni

di Maria Campitelli


Catalogo mostra Sala comunale d’Arte “Giuseppe Nigrisin”

Muggia (TS) – Febbraio/Marzo 1994


La matrice prima da cui parte l'esperienza artistica di Mirella Saluzzo è la pittura. Una pittura intesa nel senso più genuino ed autentico, cioè come colore. Agli inizi degli anni '80 essa appariva ancora intrisa di cadenze espressionistiche, fauve, divisioniste, come osserva anche Enzo Cirone in un catalogo del '91 (ed. Essegi, Ravenna) con una volontà dissociativa, disgregante, mettendo a nudo la composizione del corpo pittorico, indipendentemente dalla rappresentazione. Una tappa obbligata per chi, sui modelli ineludibili della ricerca linguistica del nostro secolo,intenda costruire la propria comunicazione con le pulsanti energie cromatiche. Questo è rimasto il fondamento referenziale per gli sviluppi successivi del fare artistico di Mirella. L'aggiornamento ha inevitabilmente incontrato la libertà dell'informale, senza esaurirsi tuttavia nell'espressività orgiastica, di estrazione romantica, che lievita dai materiali. Perché la volontà analitico destrutturante che ha scavato nell'articolazione del colore, portava piuttosto -come ha portato- all'esperienza della "forma".

Mirella coltiva infatti ben presto, accanto alla stesura cromatica, dissociata e sommossa sulla superficie il gusto della tridimensionalità del corpo -dapprima

modellato a sobbalzi irruenti nella creta- che occupa fisicamente lo spazio. Ma la mente vigile impone un decantamento all'effervescenza materica, puntando man mano alla forza strutturale, attraverso la sintesi e l'estensione delle superfici metalliche (l'alluminio, lucido ed industriale si sostituisce alla creta impetuosa e "pittorica"). Ma se la qualità del nuovo materiale conduce attraverso soluzioni più stringate ed imponenti (le opere di Mirella Saluzzo aspirano ad una monumentalità si direbbe di ascendenza virile, specie se rapportata alle sue minute proporzioni) il colore non demorde, riversandosi sulle lamiere con lo stesso impeto riservato alla tela.


Siamo alla fine degli anni '80, Mirella produce sculture dipinte, chiamando in causa anche tronchi d'albero, a loro volta assoggettati al colore: in prevalenza un profondo blu oltremare, gravido di incanti notturni (v. "Ascoltare la luna", 1990). All’ organicità della forma inventata si aggiunge dunque l'organicità diretta dell'elemento naturale.

L'opera è perciò un concentrato di pittura e scultura. Ma non basta: l'artista sente la necessità di completare la scultura dipinta con il contrappunto pittorico

a se stante, nell'ulteriore analisi di segni e colori. Il lavoro procede dunque a due, a tre dimensioni, in parallelo. Perché la pittura spesso a sua volta si

anima di segni emergenti, di oblunghe e flessibili strisce d'alluminio che tracimano dalla tela. Il segno si materializza, diviene rilievo, fascio di nervi scat-

tanti nel pelago delle cromie seducenti. La pittura contiene la scultura e quest'ultima si ammanta di fluenze pittoriche, ad interazione reciproca, in

costruttiva simbiosi.

La produzione insiste sul duplice binario in una costante interdisciplinarietà, con una progressiva evoluzione. Le ultime opere di scultura infatti si rastremano in esisti limpidamente geometrici, appuntiti ed ascensionali. La mente tende ad accantonare l'empito di un' organicità aderente alla terra, la sua irregolarità vitalistica -partecipe dell'universale principio caotico- per avvicinarsi ai voli rare-

fatti del puro pensiero.