L. Caramel - Catalogo I draghi dipinti di Mirella Saluzzo, Avida Dollars Milano-1986

Galleria Avida Dolla s - Milano

novembre / dicembre 1986





I draghi dipinti di Mirella Saluzzo

 


Per nascita anagrafica Mirella Saluzzo avrebbe potuto partecipare dell'interno cambiamento di scenario, dalla lucida analiticità concettuale ad un esprimersi più liberamente effuso, e più emotivamente coinvolto, vissuto attorno all’80 dagli artisti che si trovarono uniti sotto le insegne della Transavanguardia e dei Nuovi Nuovi. Per nascita anagrafica e per maturità di studi, giacché già, allora, aveva concluso, e da tempo, la preparazione a Brera, sotto la guida,soprattutto, di Luigi Veronesi. Ma appunto quei precedenti, e ancora soprattutto l'insegnamento di Veronesi, l'avevano attratta verso un atteggiamento sì non privo di componenti analitiche, ma estraneo all'autoriflessità del concettuale propria. Per cui il lavoro di Mirella degli anni Settanta si svolge entro i termini dell'applicazione concreta al dipingere, con privilegiata attenzione per il colore e con intenzioni lirico-espressive, oltre che di ricerca. Polo supremo di riferimento era Kandinsky e modello quotidiano l'astrattismo rigoroso ma innervato di emozionalità, mai grammaticale ancorché razionalmente impostato, di Veronesi.

 

Non tanto, e certo non esclusivamente, i rapporti, gli equilibri, formali e cromatici, interessavano Saluzzo. Piuttosto, lo scatto d'una dominata inventività, d'una controllata ma partecipata fantasia. Caratteri che determinano, nei primi anni Ottanta, la sua adesione, questa volta diretta, al clima della giovane pittura. È stimolata, infatti, dalle nuove fortune del gusto del dipingere, del piacere della manipolazione di pennelli e pigmenti, e insieme d'una narratività libera, aperta alle pulsioni immaginative. Tuttavia senza perdere quello spessore di organizzazione costruttiva e di ordinamento compositivo che aveva sperimentato precedentemente. Ecco, di conseguenza, la scansione dei dipinti in dittici o trittici, con cesure che ritmano il flusso continuo del ductus pittorico e la stessa coerente unità della figurazione; oppure il più complesso, ma sempre calibrato montaggio delle tele secondo moduli articolati, anche con aggetti, che denunciano un ulteriore momento di contatto con le preoccupazioni dei suoi coetanei. Perfino il richiamo a Kandinsky - quello della prima metà degli anni Dieci, anteriormente ai rapporti col Suprematismo - resta attivo, nel fervido, acceso fluire di linee-colore e nella predilezione per un mosso andamento del tessuto pittorico, che si gonfia in turgide onde ad arco e si frange in frementi accordi di colori puri.

 

Presentando alcune di quelle opere,anni fa, ne sottolineavo il libero divagare, che lascia spazio al divertimento, alla effusione gioiosa, in un panico, fiabesco, e talora quasi stregato, variare di forme, in un caleidoscopico succedersi di immagini che alludono e poi subito negano, si offrono e poi dileguano. Con effetti di cangiante metamorfismo, aggiungevo, assecondato dal colore, che da più accattivante proprio allora andava facendosi più stridente e aggressivo, in sintonia con la ribadita volontà di un'attivazione energetico-emotiva del dipingere. Ed in conseguenza, certo anche, dell'attenzione - diretta e mediata - per l'espressionismo tedesco, oltre le tese accensioni delle «improvvisazioni» kandinskyane, con un cambiamento avvertibile pur nella gamma cromatica in cui entra da protagonista il nero.

 

Secondo intenti, e tensioni, tutto ciò, che l'attività più recente di Saluzzo svolge e intensifica, con evidente maturazione di obiettivi e strumenti. Ed anche di motivazioni. Giacché la rivelazione-scoperta della possibile sopravvivenza nel Congo del Mokele-mbembe, una specie di drago preistorico che la paleontologia vorrebbe estinto, è per Mirella, al di là della sua verosimilità o inverosimilità, l'occasione per un’appassionata, e perfino ansiosa, meditazione sulla libertà, la fantasia, di cui appunto quell'essere misterioso ed imprendibile diviene il simbolo, o forse meglio la concreta, seppur improbabile, immagine. In direzione, quindi, non solo apotropaica e difensiva, secondo la tesi intelligentemente argomentata di Maurizio Bonicatti, ma anche propositiva. Mokele-mbembe non va solo nominato per liberarsene, va anzi cercato. Mokele è «cromatica esistenza», scrive Saluzzo in una delle sue intense poesie, suoi sono «i colori del mondo», è sogno di libertà, di felicità. Ma «uomini» lo braccano. E allora: «cancella bene le tue tracce, non farti sorprendere nel sonno: la nostalgia dell'uomo ti sarebbe fatale».

 

In siffatto intrecciarsi di aspirazione alla gioia e di paura, di desiderio di liberazione e di coscienza del limite, con dirette implicazioni esistenziali, la pittura di Mirella s'è progressivamente irrobustita. Con piglio fermo viene proposta una appassionata visionarietà, che appunto per questo coesistere di sollecitazioni attinge, e ci si scusi l'apparente bisticcio di parole, una reticente perentorietà, realizzata tutta nella pittura – o nella scultura policroma che con questa dialoga, nella praticabilità dello spazio reale -, senza consolanti soccorsi esterni, entro l'icasticità del quadro, in un inestricabile interferire di riconoscibilità di presenze e di slittanti nascondimenti.

 

Luciano Caramel

 

Novembre 1986