A. Veca - Catalogo Frammenti di Percorso, NeogeoArte Milano-2007

FRAMMENTI DI PERCORSO

di Alberto Veca


Catalogo mostra “Frammenti Di Percorso”

NEOGEO - Milano 2007

 

Che una scultura - ma il ragionamento può essere esteso anche a altre soluzioni plastiche - debba rispondere alla possibile connessione fra un cielo e una terra,un alto e un basso per rispondere a più elementari coordinate, è noto a chi voglia leggerla come commento della nostra esistenza più che come racconto o descrizione di un episodio: un’impresa certamente legittima quest’ultima, ma non congruente all’occasione perché il soggetto del discorso è una riflessione sull’ingombro del volume e sul tempo di lettura.

L’operare recente di Mirella Saluzzo sembra rispondere a questa asserzione in modo diretto, presentando, con una forte vocazione alla chiarezza – l’enigma o il “parlar chiuso” non appartengono al registro dell’artista - figure elementari diversamente articolate come strumenti di un percorso la cui direzione, comunque, sembra essere ambigua, senza un verso apparente. E sono frammenti, “ritagli” di ampiezza variabile, la cui vocazione può anche alludere a una “misurazione”, una intelligenza dell’ambiente.

Protagonisti, allora, sono una “scala”, anche gradini, anche soglie che dividono in sezioni ordinate una lastra virtuale dall’alto verso il basso, o viceversa, non importa, seguendo un ritmo che prevede la “piegatura” variabile dell’angolo, una “asimmetria”, il suggerimento di una instabilità, anche di una provvisorietà: si vuol dire che se la figura lineare verticale sembra essere quella prevalente, si può immaginare anche uno sviluppo opposto, una espansione in orizzontale: in una “scala” vista in studio la bicromia che divide in due zone la scultura sembra alludere a questa possibile espansione, proponendosi come sezione di un ingombro più dilatato.

Ho parlato, sia pure con una certa cautela, di “ritmo”: la parola in gioco, anche nelle sue suggestioni musicali, mi sembra in questa occasione assolutamente pertinente, nel segnalare il diversificato concatenarsi di frammenti – “note” se vogliamo continuare una metafora non così distante o eccentrica – che si succedono e contemporaneamente determinano la costruzione dell’insieme.

Diversamente la suggestione è quella di una pagina di un manoscritto privilegiata perché le facce sono frequentemente due: il percorso può andare al di qua e al di là del foglio/lastra che segna le tappe, le stazioni che appartengono al mondo del diario di viaggio, della mappa tracciata come quella del sogno: il cambiamento di scala e di materia lascia intatto il gioco elementare di “inventare”, con la piega, un volume, anche di valutarne la consistenza partendo dall’unica dimensione, inerte, della carta.

Si tratta di due “aggiustamenti” linguistici non in contraddizione perché il primo, quello musicale, privilegia il nesso di armonia che regola le diverse stazioni dell’opera, il suo svilupparsi nello spazio/tempo, mentre il secondo, quello del foglio, sottolinea la figura nel suo complesso, il perimetro entro cui si svolge l’avvenimento in cui avviene un sottile gioco fra illusione e realtà. Saluzzo lavora la “pelle” dei suoi gradini, delle pieghe in un elementare contrasto fra liscio e lavorato, alludendo a una luce e un’ombra, accentuando così la percezione di una profondità che risulta apparente in quanto limitata.

E questo induce a riflettere sul senso “misurato” che la scultura acquista, non di occupazione ma di interrogazione del volume e della sua valenza plastica: l’opera può anche acquistare dimensioni “monumentali”, a gara con l’ambiente, ma del “monumento” e della sua letteratura ormai tramontata nel suo ruolo di statica presenza, di “monito a ricordare” per recuperare l’etimologia del termine, la scultura ha perso il suo carattere impositivo e perentorio per un più attivo e coinvolgente dialogo con l’osservatore. Credo si tratti di una possibile “via” per un “segnale” nell’ambiente intrigante nella sua cangianza.

Non vi sono “viste” o “facce” privilegiate: il suggerimento è di percorrere con lo sguardo ma anche in senso fisico le diverse “figure” che il variare del punto di stazione determina: e se la scala non è fisicamente percorribile – ritorna alla memoria l’esperienza proposta, in quel caso percorribile, in anni ormai passati da Gianni Colombo – lo è nell’immaginazione perché la somma delle figure immagazzinata nella memoria sarà sempre diversa dalla realtà.

Allora una esperienza conoscitiva fra la singola tappa, la sua successione, e la figura nella sua interezza: ritorna, sia pure con un certo insistito ricorso alla dimensione fantastica, anche ludica, il ruolo dell’agire dialettico, capace di distinguere in parti il tutto per poi poterlo riconnettere in una unità coerente.